Scrivo questo post davvero con profonda emozione.
Sono arrivato sull’isola quattro giorni fa, il 17 dicembre nel tardo pomeriggio ma poiché nei territori d’oltremare della corona Inglese vigono le medesime regole dell’isola madrepatria, sono potuto sbarcare sol il giorno successivo perché non era più possibile completare le pratiche di immigrazione.
Sì perché pur essendo in tutto e per tutto territorio inglese non vigono le regole europee e il trattato di Schengen qui non è adottato cosicché, praticamente da questo solo punto di vista, è come trovarsi in un paese estero ”normale”. Per il resto è davvero tutto molto “british”, ma “congelato” ad un’epoca passata, difficile da collocare nello spazio e nel tempo.
Qualcosa di moderno esiste (non avrei potuto pubblicare queste righe senza una efficientissima quanto carissima wifi satellitare) ma l’aria e le sensazioni rimandano ad un’epoca coloniale di fatto terminata secoli fa ma di cui ancora trasudano le strade, i negozi e principalmente questo albergo da cui vi scrivo e nel quale – anche se appena in tre giorni – ho preso l’abitudine di passare alcune ore al giorno in una perfetta quiete rasserenata ulteriormente da un ottima tazza di tè preparata con estrema cura in un servizio di porcellana che non dubito abbia più di cento anni
Una gran parte della memoria dell’isola è naturalmente legata all’esilio dal 1815 e fino alla morte avvenuta nel 1821 (…non vi scrivo il giorno e il mese, d’accordo? Se non lo ricordate….tutti di nuovo sui libri!! 😨) Di Napoleone, che peraltro è stato trattato davvero con tutti i riguardi.
Il pellegrinaggio alla sua tomba è stato qualcosa di difficile da descrivere. Per me che amo in particolar modo gli studi storici, trovarsi qui di persona lo attribuisco ad uno dei più importanti colpi messi a segno durante la mia fortunatissima vita 😊 Credo proprio di far parte di un gruppo di italiani davvero molto ristretto. E di navigatori italiani solitari mi piace pensare che forse sono il primo e l’unico: ho chiesto presso gli uffici dell’Harbour Master, e nessuno ha memoria di precedenti arrivi
L’isola è curiosamente suddivisa in due parti molto ben distinte ma questa divisione non è per una linea dritta come spesso accade: nord/sud o est/ovest o altre combinazioni “lineari”. No, la divisione è per due cerchi (irregolari, si capisce) concentrici, dove in quello esterno si trovano coste e scogliere a picco sul mare e sostanzialmente ostili e di aspetto inospitale: l’unico punto di approdo ben ridossato e con una semplice possibilità di accesso a terra (nonostante una fortissima risacca) è James Bay sulla quale si affaccia il paesino (per le nostre misure) pomposamente assurto al rango di capitale dell’isola, Jamestown. Che sarà grande come Laigueglia ma infinitamente meno affascinante. L’origine vulcanica dunque è testimoniata un po’ dappertutto da questa costa impervia costellata di scogli e isolette microscopiche, sulle quali frangono con un trionfo di spruzzi candidi le onde dell’oceano anche quando il mare è calmissimo. È un fatto che mi ha stupito molto osservare questo enorme respiro del mare, che pur essendo calmo in superficie , dimostra tutta la sua forza in questi impatti potentissimi che alzano come dei geyser di schiuma vaporizzata alti anche più di 10 metri, quando incontrano piccole fenditure o microscopiche grotte tra gli scogli.
L’altro “cerchio” invece, interno ed esteso su una superficie decisamente maggiore (e per fortuna dico io) è totalmente differente: foreste di alberi di molte specie diverse, anche di altissimo fusto, tra i quali spicca una grande diffusione di eucalipto, dal legname di un intenso colore rosso. Poi cipressi, pini e altre specie di conifere, che rendono il territorio più simile alla Svizzera che ad un’isola vulcanica. E infine sono incredibili gli immensi “prati” di “Flax”, che qui hanno costituito una delle maggiori fonti di ricchezza fino agli anni sessanta del Novecento quando l’imporsi delle fibre artificiali ha distrutto rapidamente l’importanza delle fibre vegetali utilizzate massimamente per la produzione di cordame e suole da scarpe.
Oggi ho passato questa ultima giornata con un senso di profonda nostalgia pensando a questa occasione davvero più unica. He rara che il destino mi ha fatto vivere.
E come promesso dedico questa tappa al mio amico Giuseppe Leoni, che da raffinato storico e grande viaggiatore, avrebbe dato davvero molto per essere qui al mio posto. Ma io credo e gli auguro, che prima o poi riuscirà a coronare questo sogno!
Tra poche ore riprenderò il mare e passerò in pieno oceano sia il giorno di Natale che l’iniziodel nuovo anno: sarà non meno di una quarantina di giorni la mia prossima permanenza “au large” 😊
Approfitto di questa ultima occasione di comunicare direttamente con voi per mandarvi i più speciali auguri che mi fosse possibile farvi
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