Mi è tornata in mente una reminiscenza dell’antico Liceo Classico. Posso ben definirlo così, essendomi diplomato nel 1986.
Vento in greco si dice “Anemos”, aria, anima, spirito…. Sicuramente il pensiero è legato al fatto che è da quando mi sono svegliato che guardo l’anemometro in pozzetto, che tra l’intensità normale e le raffiche, alcune a dir poco rabbiose, oscilla col suo moderno quadrante digitale tra 18 e 30 nodi. Sono le tre del pomeriggio, ora locale di Mindelo, e questo balletto non accenna a cambiare.
E’ il 27 agosto e sono fermo per questa “sosta tecnica” che ho piacevolissimamente esteso anche dopo che gli inconvenienti tecnici fossero stati sistemati, ma oggi è il giorno in cui ho deciso di ripartire. Lo sapevo già ma ho sperimentato uno dei maggiori pericoli che corrono i navigatori: il cosiddetto “Mal di porto” ovvero la voglia di fermarsi indefinitamente in un porto e non riprendere più il mare. Oltre a questo ho il “permesso di soggiorno” che scade oggi e proprio non ho voglia di rifare la trafila burocratica piuttosto farraginosa per farmelo estendere. E per quanto tempo poi?
No, la direzione del vento è giusta – è ancora l’aliseo di nordest – e Tatì non ha problemi a gestire trenta nodi di vento al lasco.
Il tempo di fare il giro dei saluti di tutti quelli che ho conosciuto (mannaggia, ma quanti sono?) e riprendo il mare. Direzione…il più possibile a sud.
Erano le tre, sono le sei. Bordeggio a motore nell’ampissima baia del porto commerciale per passare alla giusta distanza dalle numerose navi all’ancora, inverto la rotta per favorire la salita della randa preventivamente preparata con due mani di terzaroli ed esco nel canale tra Sao Vicente e l’isola di fronte.
Il vento mantiene ancora la sua forza, ma il mare nel canale, che purtroppo era escluso alla vista dal pontile del marina, per fortuna non è molto mosso. Sì e no un metro e mezzo di onda.
Su la trinchetta, aperto il genoa…e il mal di porto è già un ricordo
SI galoppa per un paio d’ora, poi Eolo va improvvisamente a dormire. Così, di botto. Passo la notte a secco di vele a galleggiare come un turacciolo poco a sud di queste isole. Non c’è nessuno, non c’è onda. L’AIS perfettamente riparato da Jealson, il tecnico del marina Mindelo, mi avvertirà se si avvicina qualche barca. Non c’è niente da fare se non riempirsi gli occhi di una delle più belle stellate di sempre e andare a dormire
Verso le 8 del mattino successivo una brezza leggera da nord mi accompagna durante la colazione: di nuovo tutte le vele a segno…e finisco il tè
La cronaca potrebbe ora proseguire con un elenco piuttosto monotono di giornate che velisticamente parlando non hanno avuto nulla di particolarmente affascinante, anzi. La navigazione al largo delle coste africane verso la mitica linea dell’Equatore è stata invero piuttosto noiosa e sottolineata solo da un tempo che ha oscillato tra l’incerto e il piovoso. Sicuramente sempre caldissimo e umidissimo. Davvero disagevole.
Grandi lavori quotidiani per regolare le vele vuoi per sfruttare al meglio le brezze vuoi per parare i frequenti colpi di vento che accompagnavano i temporali. Mi aspettavo queste condizioni in questa parte del pianeta che i Francesi chiamano Pot au noir e gli anglosassoni Doldrums: in italiano si chiamano più romanticamente “Zone delle calme equatoriali” ma se mi consentite un neologismo geografico io la definirei un Posto di Merda! Davvero, una schifezza mai vista!
Ci metto ___ giorni a superare la linea dell’Equatore e devo dire che appena superata le condizioni sono cambiate repentinamente anche se mi aspettavano giorni e giorni di vela piuttosto impegnativa con i venti di sud spinti dall’Anticiclone di Sant’Elena che ho dovuto bolinare mure a sinistra con la barca inclinata tra i 20 e i 30 gradi. Costantemente, giorno e notte. A questa situazione non felicissima si sono purtroppo aggiunte delle fastidiosissime infiltrazioni d’acqua che le centinaia di secchiate portate in coperta dal mare al mascone hanno risvegliato. Umidità fuori al 100%, dentro all’85. Un incubo!
Oggi è il 23 settembre, sto per compiere un mese in mare senza scalo. E’ la prima volta in vita mia. E il regalo migliore devo dire che sia sempre il mare a farmelo, che da tre giorni si è morbidamente disposto al giardinetto, il vento è calato ed è girato prima ad est poi nelle ultime 72 ore a nordest e a nord tgaliando drasticamente il tasso di umidità: oggi la coperta era finalmente completamente asciutta e dentro l’igrometro a parete segnava 58%. Un sogno
Con la barca finalmente dritta festeggio regalandomi 60/70 litri di acqua dolce. La sorpresa è stata poi quella di aver provato ad usare il desalinizzatore senza accendere il motore e i pannelli solari ce l’hanno fatta egregiamente a sopportarne il consumo energetico. E’ bella questa sensazione di autosufficienza: acqua, cibo, energia… Una tecnologia che davvero non si capisce perché non la adottiamo anche in maniera maggiore nella normale vita civile. Oppure no? Oppure lo si capisce fin troppo bene?
Tale la tranquillità della giornata che mi decido a fare un lavoro di quelli…che erano giorni…. Che ti racconti le più grandi palle del mondo per rimandare il più possibile, avete presente no?
Pulire il frigo! Eppure era da un pezzo che tutte le volte che aprivo lo sportello quel che sentivo non era precisamente l’aroma che provate quando entrate da Peck (si informino i non milanesi sull’esempio che ho fatto guardando su internet . Ma niente, il timore di trovare qualcosa andato a schifio mi tratteneva troppo. Quindi, òp…apri il frigo, òp a memoria acchiappa quel che ti serve (il burro in basso a destra, la birra al di là del separè, i wurstel ancora confezionati lì a sinistra…) e richiudi alla velocità del fulmine. Sì, la sento la puzza ma non è neanche aumentata da ieri, mento a me stesso.
Ma oggi no! Oggi sono coraggioso e impavido.
E apro lo sportello, e scruto… Eccoti, bastardo! Ti avevo dimenticato: un ettoemezzo di formaggio francese, puzzolentissimo già da fresco ma comprato il 30 luglio!, che era caduto sul fondo del frigo e sguazzava nell’orribile acquetta di condensa!
Lo guardo….ma la cosa peggiore è che lui guarda me!
Ma io sono veloce, velocissimo… Non è vero…con indifferenza lo vedo muoversi. “Ma non è possibile: sei un formaggio!” “Ero un formaggio, fa lui” ed estraendo da non so quale tasca la sua bacchetta mi fissa ed urla: “AVADA KEDRAVA”
Anemos…aria,vento, spirito, anima….e terribile puzza di formaggio andato a male!
Dimenticavo …. …l’equatore l’ho superato il 10 settembre.
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